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Viaggiare con un bambino

La nostra passione per i viaggi ci ha sempre portato a coinvolgere, inconsapevolmente e con naturalezza, nostro figlio Samuele in questa attività. Direi che per lui è sempre stato normale vedere due adulti gasatissimi dopo aver comprato un biglietto aereo per un posto che non sapeva neanche dove fosse.

Sentirci parlare di quello che avremmo fatto, di cosa avremmo visto, ascoltarci decidere dove andare o quale casa scegliere ha sempre contribuito a fargli percepire l’importanza di quello che stavamo facendo.

Non abbiamo mai pensato di non portarlo con noi in un nostro viaggio...non sappiamo esattamente perché, ma fondamentalmente siamo sempre andati dove sarebbe potuto venire anche lui, senza vivere questo aspetto come una restrizione. Semplicemente, dal momento in cui è nato, le nostre mete sono state scelte tenendolo sempre in massima in considerazione. Anche perché, andare con lui in un posto che fosse “child friendly” ci avrebbe aiutato a godere al meglio del viaggio.

 

Deve essere ben chiaro che certe cose, con un bambino al seguito, non si possono fare. Ad esempio, quando siamo stati a New York non siamo mai usciti la sera, perdendoci sicuramente una grossa fetta del fascino della Grande Mela, ma non ci siamo persi nessun giardino pubblico di Brooklyn ed abbiamo scoperto che nei parchi della città, d’estate, ci sono delle fontane dove i bimbi possono bagnarsi per rinfrescarsi e giocare. Il nostro Samuele ha decine di foto di sé in pannolino che “fa la doccia” sotto le fontane di Central Park!

 

Un altro concetto da tenere bene a mente è che per quanto uno possa stare attento ...è impossibile tenere a freno un bambino e quindi: BENVENUTI ANTICORPI! Ovvero, quella volta in cui, mentre aspettavamo il treno nella metro di Berlino, lo abbiamo trovato a leccare amabilmente e soddisfatto un pilone!

 

Inoltre, portare nostro figlio in viaggio facendo in modo che debba prendersi cura delle proprie cose è un modo per contribuire a responsabilizzarlo, coinvolgendolo allo stesso tempo e facendolo sentire “uno della squadra”.

 

Da piccolo Samuele aveva la sua valigia, provvidenzialmente regalata dagli zii, la sua piccola TRUNKI cavalcabile, a forma di tigre, e ne andava fiero. Dentro ci metteva le sue cose e quando eravamo in aeroporto ci si sedeva sopra e veniva comodamente trasportato, spesso guardato con divertimento dalla gente…

Quando è diventato più grande gli abbiamo spiegato che avrebbe dovuto occuparsi del suo zainetto: era il suo compito decidere quali giochi portare, chiaramente rispettando il numero massimo di macchinine consentito!

 

Quindi, per noi la risposta alla domanda “si può fare?” è sicuramente “Sí!”, ma bisogna avere l’approccio giusto.

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